
Il mondo della cucina oggi è pervaso da etichette, filosofie di pensiero, modalità di cottura, alimenti a km zero, fusion o che arrivano da lontano, esotici e introvabili.
La cultura legata al food è sempre appartenuta al “made in Italy” ma, oggi più che mai, accanto a una riscoperta di semplicità, natura e tradizione si fanno strada nuove tendenze o sensibilità come il salutismo, il free from, l’attenzione alle intolleranze.
Un piatto deve rispondere a diktat abbastanza severi:
- estetica e funzionalità;
- colore e forma;
- principi attivi e modernità.
Negli anni la professione e l’immagine degli chef è cambiata. E non solo perché dalle cucine hanno sempre più spesso conquistato il palcoscenico e mostrato al mondo la loro faccia, oltre che le loro preparazioni. Ma anche perché molti hanno scelto di specializzarsi proponendo una particolare tipologia di cucina.
Insieme alle figure tradizionali, sono nati anche professionisti trasversali che trattano il food in maniera molto verticale e specifica: dai nutrizionisti ai food blogger, dagli influencer agli educatori alimentari, tutti ad aggiungere note e dettagli al piatto che rappresenta sempre più la forma del pensiero di chi lo realizza.
In questa costellazione di figure si colloca anche il mio tipo di cucina. Mi piace definirmi una Healthy Food Specialist poiché il percorso che mi porta alla pratica, ovvero alla cucina, inizia in realtà dalla scienza, dalla nutrizione e dal mondo olistico della naturopatia.
Il cibo è prima di tutto nutrimento: un alimento nutre corpo, mente e spirito. Questo il motivo che mi guida a realizzare i miei piatti scegliendo le materie prime in maniera non troppo tradizionale.
Come posso definire la mia cucina?
La mia cucina è inclusiva
La cucina inclusiva non è un tipo particolare di cucina, non si focalizza su un tipo di ingrediente o un tipo di cottura ma si basa su un concetto filosofico di integrazione. Non ha neppure a che fare con l’inserimento in cucina di persone disabili o con un disagio sociale.
La cucina inclusiva non è un corner, non è un diversity food, al contrario è integrazione, tradizione, conoscenza, cultura.
La cucina inclusiva si fonda su un’idea ben precisa e un pensiero molto ben definito basato sull’uguaglianza e sull’integrazione.
È aggiungere e non togliere. È raccontare, amare, cucinare e convivere in armonia perfetta.
La cucina inclusiva include alimenti utilizzati e consumati da chi, per scelta etica, religiosa, salutare o medica, ha fatto delle scelte o delle “non scelte” come nel caso della celiachia.
La mia cucina è a base vegetale
Il nostro organismo è sempre più soggetto a inquinamento ambientale, e questo fa sì che il nostro sistema immunitario sia in uno stato costante di allerta, aumentando l’insorgere di malattie autoimmuni e intolleranze.
Stanchezza cronica, mancanza di energia, disturbi della qualità del sonno, sfoghi cutanei, gonfiori addominali, aumenti di peso e stitichezza sono segnali di allarme che ci dimostrano che non ci stiamo alimentando in maniera corretta. Sono sintomi riconducibili a disbiosi intestinale, anche se non sempre vengono riconosciuti come tali. Il nostro intestino, conosciuto anche come secondo cervello, è costantemente attaccato dagli effetti di una vita sedentaria, un metabolismo lento e valori ematici non troppo confortanti per lo scarso utilizzo di fibre e l’eccessivo consumo di zuccheri e grassi. La nostra flora batterica (e di conseguenza il microbiota) è seriamente in pericolo e necessita, il più delle volte, di misure correttive drastiche.
Un’alimentazione consapevole basata prevalente su fonti vegetali, su alimenti integrali biologici, sull’utilizzo di grassi “buoni” insaturi, semi, frutta secca e fibre è il nostro miglior investimento per il futuro della nostra salute, ma anche del nostro pianeta.
Cambiando le nostre abitudini alimentari, riducendo drasticamente il consumo di carne e latticini possiamo davvero salvare la Terra e preservare noi stessi facendo una prevenzione primaria attiva.
Non è il solito appello di estremisti vegani, ma il resoconto di una ricerca pubblicata su Science e condotta all’Università di Oxford e di certo non è l’unico studio ad andare in questa direzione.
La mia cucina non prevede prodotti OGM
Non utilizzo microonde per riscaldare le pietanze, utilizzo cotture rispettose degli ingredienti, privilegio il vapore, il salto in wok, le basse temperature, piccole quantità e preparazioni sempre fresche. A volte questa mia volontà va in contrasto con le regole della ristorazione classica, specialmente dei grandi numeri come quelli dell’hotellerie, ma la giusta comunicazione del “perché” rende più chiara la mia missione.
Forma, colore, provenienza, consistenza, energia, funzionalità sono gli elementi che concorrono a creare un mio piatto.
Mi piace lavorare in cucina, anche se il meglio di me arriva quando posso lavorare live, con il pubblico, quando posso condividere cosa c’è in quel piatto, ma soprattutto la sua storia, come e perché è nato, quali elementi lo compongono e perché sono così utili, biodisponibili e sostenibili per noi e per l’ambiente che ci circonda.
Cooking show o i cooking lab
Durante i cooking show o i cooking lab, dove gli ospiti possono mettere “le mani in pasta”, c’è molta condivisione e c’è più successo nel coinvolgere il pubblico all’utilizzo di materie prime sostenibili. Molto spesso lo scoglio da superare nella cucina vegetale sono i luoghi comuni, che necessitano di essere sfatati.
Troppe informazioni (o sarebbe il caso di chiamarle fake news) girano sul web e le persone si trovano, giustamente, disorientate.
“Ci vuole troppo tempo, il tofu non ha sapore, la soia è pericolosa per l’insorgere dei tumori” sono solo alcuni degli esempi che mi vengono riportati. Durante gli show cooking o eventi di food edutainment affronto anche questi temi, svelo false credenze e aiuto le persone a scoprire i benefici di una cucina consapevole.
Mangiare bene è un atto d’amore verso noi stessi, verso chi ci circonda e verso il Pianeta.